La magia dell’ordine
L’annosa questione che divide disordinati e amanti dell’ordine possiede una struttura psicologica complessa.
Esistono diversi tipi di disordine, così come di ordine. Se la tendenza al caos può sfociare in una sciatteria confusionaria, è altrettanto vero che comportarsi in modo eccessivamente maniacale nel fare ordine può essere una spia di un profondo bisogno di controllo.
Secondo test svolti presso l’Università di Groningen, chi è disordinato sembra reagire con più prontezza, elasticità e creatività: rispetto alle persone tendenzialmente ordinate, i disordinati mostrerebbero meno ansia e più flessibilità di fronte ai cambiamenti. Alcune ricerche hanno evidenziato che sul lavoro un ambiente ordinato tenderebbe ad influenzare comportamenti legati al rispetto delle regole e del benessere, mentre il disordine costituirebbe uno stimolo per la creatività.
Va specificato che gli ordinati vanno distinti in due tipologie: i maniaci del controllo, presumibilmente tendenti a soffrire di DOC – disturbo ossessivo maniaco-compulsivo – e gli ordinati semplicemente metodici, cioè non patologici: a questi ultimi non va negato il riconoscimento di essere creativi, anzi possono esserlo malgrado alcune ricerche in campo psicologico sembrino evidenziare il contrario.
Naturalmente, si tratta di generalizzazioni a cui è bene prestare attenzione, senza riconoscersi arbitrariamente nell’uno o l’altro versante di gestire la disposizione dei propri oggetti.
Ci sono persone che ad esempio leggono riviste, lasciandole in giro per casa, magari aperte nel punto esatto di lettura, altre persone invece mangiano una banana, e lasciano la buccia sul divano, senza pensarci: sono due esempi che spiegano la differenza tra i due tipi di disordine. Nel secondo caso, la sensazione che ne deriva è quella di un disordine molto più profondo.
Una scrivania o uno studio possono sembrare disordinati all’occhio di un visitatore sconosciuto, mentre il proprietario conosce esattamente dove trovare documenti, piuttosto che i lavori da terminare o gli appunti di cui è bene ricordarsi, magari strappati da un giornale come fonte d’ispirazione: è quel che si dice “trovare ogni cosa nel proprio disordine”. Si tratta di un disordine voluto, che una sua logica precisa che l’individuo sa riconoscere. Alcune persone sono abituate a lasciare le proprie cose in modo disordinato, appunto, come se facessero parte di un piano di sistemazione coerente con la loro personalità, spesso noto solo a loro.
Per i giapponesi, mettere in ordine un determinato spazio è un’arte che può portarci anche a realizzare una profonda riflessione su quello che possediamo e sul bisogno di conservare solo quello che ci emoziona, quello che ci risulta davvero utile e che ci apporta allegria e benessere.
Marie Kondo è di certo la figura che negli ultimi anni ha ottenuto una notevole fama insegnando l’arte del mettere in ordine.
Il metodo Konmari di Marie Kondo ci invita a migliorare la nostra vita tramite il “rinnovamento” dei nostri contesti più prossimi e familiari. È molto più, quindi, che limitarci a mettere in ordine un armadio o un salotto: è pulire la nostra realtà per raggiungere un adeguato benessere interiore.
Agli occhi di un occidentale, questa prospettiva può sembrare un po’ esagerata e persino ironica. Molti di noi accumulano molte cose, tanti oggetti, ricordi, indumenti, libri e tonnellate di carte, talmente tanti che se ci accingessimo a realizzare tale rituale, avremmo bisogno di una vita intera per mettere tutto in ordine.
Ma come fare per rendere possibile questo sorprendente risultato? La chiave sta nel cambiare l’approccio all’idea di organizzazione.
La tendenza all’essere disordinati può parlare della difficoltà a perseguire un obiettivo, atteggiamento proprio di chi inizia attività e cose diverse abbandonandole dopo poco. Se disordine significa perdere bollette importanti, lasciare scarti o involucri dei cibi in giro per casa o in auto, dimenticare pile di biancheria già asciutta in un angolo o lasciare che ciò di cui abbiamo bisogno si perda, salvo poi dover utilizzare tempo per le ricerche, è bene farsi qualche domanda. Senza cadere nello stress del tutto sotto il controllo, l’ordine, soprattutto tra le pareti domestiche, aiuta ad organizzare meglio se stessi e la famiglia.
L’effetto del disordine al cervello
La disorganizzazione non piace al cervello perché drena le sue risorse e riduce la capacità di concentrazione: pile di fogli, tazze sporche, oggetti buttati alla rinfusa sulla scrivania distraggono la mente, creano una specie di sovraccarico di informazioni visive che compromette anche la memoria di lavoro.
Il disordine mentale
La produttività e la chiarezza di pensiero ne risentono: indagando l’attività cerebrale di alcuni volontari in ambienti domestici e lavorativi più o meno confusionari, si è verificato che fare ordine regala una miglior capacità di attenzione e di elaborazione delle informazioni, con un beneficio netto sulla resa cognitiva.
Come se non bastasse, un ambiente disorganizzato e caotico porta anche a rimandare di più le incombenze: chi ha una scrivania sommersa di carte e faldoni buttati là senza un criterio preciso tende a procrastinare più di chi lavora fra fascicoli impilati per priorità.
La disorganizzazione e la tendenza a temporeggiare hanno un fondo comune: mettere a posto le proprie cose scegliendo che cosa buttare o meno richiede tempo ed è un compito che molti non amano: chi è più disordinato tende a rinviare gli impegni in ufficio, finendo però per essere anche più insoddisfatto delle proprie performance lavorative.
Si dorme di meno e si mangia di più
L’effetto negativo sul cervello della disorganizzazione degli ambienti sembra dipendere dallo stress indotto dal caos: volenti o nolenti, una stanza confusa e disordinata ci mette inconsciamente in allarme. Aumenta infatti il livello dell’ormone dello stress, il cortisolo, con un effetto ancora più evidente nel sesso femminile che forse dipende dal retaggio culturale.
Tutto questo ha conseguenze non solo sull’attività cognitiva, che peggiora, ma anche sul benessere in generale: alcune ricerche dimostrano che dormire in stanze disordinate per esempio facilita la comparsa di disturbi del sonno, rendendo più difficile addormentarsi o favorendo brutti sogni, e vivere in una casa caotica fa ingrassare perché si tende a mangiucchiare di più.
Metti in ordine
Un ambiente confusionario può anche mettere alla prova le relazioni personali, perché: il disordine impedisce di interpretare correttamente le espressioni e le emozioni dell’altro, finendo per provocare pure più litigi e discussioni.
Gli altri per giunta ci giudicano proprio in base all’organizzazione dei nostri spazi: uno studio statunitense dell’Università del Michigan ha dimostrato che entrare in un ufficio ordinato, libri sugli scaffali, carte ben impilate, cartacce nel cestino, porta a giudicarne il proprietario più coscienzioso e affidabile rispetto a chi lavora in uno spazio disorganizzato (con libri per terra, fogli sparsi e così via).
L’apparenza conta insomma: l’impressione, spiegano gli autori della ricerca, è che si tratti di una persona negligente e pure più irritabile e difficile da gestire. Vale perfino per l’abbigliamento: chi è poco curato viene considerato meno preparato, competente e perfino intelligente di chi si presenta in ordine